“Soft Seventies. L’epoca d’oro del soft rock” (Rogas Edizioni, pp. 164) è un omaggio, come s’intuisce dal titolo, «a quel genere musicale che, sviluppatosi nel contesto della West Coast americana negli anni Settanta, ha esercitato una forte attrazione su chi del rock voleva cogliere il lato più timido e delicato».
L’autore, Francesco M. Tandoi (nella foto), è un affermato pediatra/neonatologo, pugliese d’origine, varesino d’adozione. Da oltre trent’anni, infatti, esercita la professione nella “città giardino” dividendo il suo tempo tra l’ospedale e lo studio e la ricerca in campo musicale.
Una vita, la sua, trascorsa nel coltivare il sapere medico-scientifico (è autore di pubblicazioni scientifiche su riviste indicizzate e non) e nell’assecondare la passione per la musica, ascoltata e scritta, approfondendo in particolare il genere rock in molte delle sue espressioni.
Francesco Tandoi apprezza molto anche la cosiddetta “musica scritta” dilettandosi nella lettura di testi in tema rock e di quella letteratura che consente di contestualizzare il genere nella sua epoca storica, di collocarlo nell’ambito culturale che più gli appartiene, al fine di coglierne gli aspetti più intimi oltre che a dedicarsi all’ascolto «in ogni occasione possibile durante la giornata», come confida.
«Nel tempo ho usato ogni genere di supporto per seguire le strade del rock», spiega. «Dal giradischi per i vecchi vinile a 45 giri, quindi negli anni dell’adolescenza le musicassette, quindi i CD, gli MP3 e, più recentemente, la musica liquida in streaming».
Per la stesura materiale del testo l’Autore ha impiegato un anno, ma, come egli stesso tiene a precisare, «ho compiuto un percorso attraverso il tempo per raccogliere il materiale e le idee utili “a restituire il giusto riconoscimento a quei musicisti e a quei lavori talora dimenticati, talora rinnegati da una critica non molto avvezza ad apprezzare una corrente più pop, più commerciale del rock».
Dalle parole del dottor Tandoi traspare quella spiccata sensibilità umana che emerge dai cultori della musica, specie allorquando il rock si concede ad atmosfere più malinconiche, sognanti e melodiche. Quella musica, cioè, che ingentilisce e va al cuore, com’è, appunto, il soft-rock, molto lontana dal rock più duro spesso interpretato come unica forma possibile di rock.
Dice il dottor Tandoi: «La musica trova spazio a chi glielo concede». Affermazione, la sua, che svela quanto la musica, appunto, abbia scavato in lui fino ad accarezzarne lo spirito.
Addentrandosi nelle pagine di “Soft Seventies. L’epoca d’oro del soft rock”, anche il lettore profano di musica percepisce la competenza dell’Autore e ancor più il trasporto con cui affronta l’argomento.
Ma è soprattutto per gli esperti e i cultori del settore che la lettura sarà oltremodo piacevole perché penetreranno in un universo di nomi d’artisti, famosi e non, che hanno accompagnato gli esaltanti anni Settanta-Ottanta, allietandoli, commuovendoli, entusiasmandoli.
Il libro – fatto non secondario da sottolineare – è tra i primissimi a raccontare la storia del soft-rock, tenuta lontana dalle cronache probabilmente perché ritenuta “minore”, marginale rispetto a quello che il rock più classico, l’hard-rock, il progressive rappresentarono proprio nello stesso periodo storico.
Soft Seventies è pertanto tutto questo, un percorso nella storia del soft-rock e la scoperta, o la riscoperta di quegli artisti e di quei brani un po’ perduti, un po’ dimenticati, ma comunque rimasti nella storia della musica rock e riportati alla luce grazie a questo libro.